Daniele De Rossi

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    Questa è una brutta tegola, Daniele ci sarebbe stato utilissimo contro City e Juventus. Senza nulla togliere a Keita ovviamente.

    Forza Danielino, riprenditi!
     
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    CITAZIONE (Dubfire @ 26/9/2014, 20:14) 
    Meglio Tachtsidis

    :asd: :asd: :asd:
     
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    sì ma bisogna anche vedere che tipo di passaggi sono.

    Il problema di zeman non è stato quello di accantonare De rossi, che non era evidentemente il giocatore che lui voleva,
    quanto quello di sostituirlo con Taxi, palesemente inadeguato.
    Avesse avuto verratti ok ma Taxi a verratti gli spiccia casa avrebbe dovuto capirlo....
     
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    di A.Austini 12 ottobre 2014 | 07.00 |

    Ultime apparizione pubblica in tribuna a Torino, con la vena di fuori mentre festeggia il gol di Iturbe.



    Prima e dopo la stessa vena gli è uscita per la rabbia, quando si è dovuto difendere dagli insulti ricevuti anche nelle salette private del «civilissimo» Stadium.



    Daniele De Rossi non ce la fa più a guardare la Roma da tifoso. Si è disperato appena ha avvertito una fitta al polpaccio in una partita ormai finita con il Cagliari, perché in quel momento ha capito di dover saltare due appuntamenti speciali per lui: la trasferta in casa del Manchester City, la squadra in cui poteva «scappare» un paio d’anni fa, e lo scontro diretto con la Juventus, che sente come se fosse un derby. Anzi: in questo momento storico decisamente di più, visto che può valere quello scudetto inseguito da quando veste giallorosso.

    Mai come quest’anno De Rossi sente di poter coronare il sogno di una vita, di poter provare quella sensazione «che vale dieci scudetti a Milano».



    La Roma gli piace da impazzire, il gruppo è solido e Garcia è la guida giusta. Finalmente può tornare a dare il suo contributo sul campo: l’infortunio sembra superato e se non ci saranno intoppi da domani in poi può rientrare gradualmente in gruppo. La partita con il Chievo è l’occasione perfetta per mettere minuti nelle gambe in vista della Champions: Daniele non gioca una partita in Europa dall’8 marzo 2011, il giorno del crollo di Donetsk e della gomitata a Srna. Ecco perché sta contando i giorni alla sfida con il Bayern.

    Garcia aveva già intenzione di schierarlo sabato, da ieri è una necessità: Keita si è bloccato durante la gara del «suo» Mali in Etiopia. Stesso problema di De Rossi, una fitta al polpaccio che gli ha suggerito di chiedere il cambio alla mezzora, ma almeno per lui c’è la speranza di un recupero in tempi brevi. «Una lieve contrattura» hanno fatto sapere i medici del Mali ai colleghi di Trigoria che attendono il rientro di Keita per gli esami del caso. Di sicuro il centrocampista non giocherà la partita di ritorno mercoledì con l’Etiopia e con ogni probabilità salterà il Chievo. La diagnosi dirà se c’è speranza per il Bayern. «Spero che non sia un infortunio grave, tornerò presto e più forte di prima» il tweet non del tutto rassicurante di Seydou.



    A faticare per le nazionali ci sono pure Nainggolan e Pjanic e non è escluso un turno di riposo per uno dei due: in rampa di lancio c’è Paredes, sponsorizzato proprio da De Rossi che intravede in lui grandi qualità. L’emergenza vera è al centro della difesa, dove Manolas è squalificato e Castan non sa neppure quando potrà allenarsi. Astori ha lavorato anche ieri nel giorno libero per esserci sabato (con lui Iturbe, Borriello e Lobont), Yanga-Mbiwa è pronto a spalleggiarlo con la fiducia riguadagnata anche in Francia. E se manca uno dei due ci penserà sempre De Rossi. Con la vena in bella vista.
     
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    Secondo quanto riferisce Sky, Daniele De Rossi va verso la convocazione in vista della gara contro il Chievo Verona di sabato alle 18. Difficilmente il vicecapitano giallorosso giocherà, con Paredes che va verso la prima da titolare, piuttosto l'ok dei medici arriva in ottica gara di Champions.
     
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    di Alessio Nardo 19 ottobre 2014 | 14.55 |

    Ligabue gli potrebbe dedicare una canzone. Un po’ come fece nel 1999 in onore di Oriali, esaltando l’importanza del lavoro oscuro nel calcio. Quello che non viene granché evidenziato né pubblicizzato, ma che serve eccome. Come il pane. In una squadra che funziona, la base e le fondamenta risiedono lì, nel centrocampo. Nella forza e nella solidità di chi lavora e suda, proteggendo e sorvegliando. Certo, utilizzare l’aggettivo “gregario”, quando si fa riferimento a Daniele De Rossi, può sembrare una bestemmia. Lui, Danielino, è da anni un simbolo di questa città e della Roma. Un monumento che un giorno, speriamo il più tardi possibile, avrà anche l’onere e l’onore di indossare in pianta stabile la fascia di capitano.



    Quel giorno è ancora lontano, ma poco cambia. De Rossi è già un capitano. Un leader, un condottiero, un elemento imprescindibile per qualsiasi allenatore. In primis per Rudi Garcia, che lo ha atteso impazientemente e dopo quasi un intero mese di stop lo ha subito rigettato nella mischia, non risparmiandogli neanche un minuto dei 90′ contro il Chievo. Fuori, in corso d’opera, Totti, Pjanic e Nainggolan. Non lui, non Daniele, che forse il cambio se l’aspettava. Niente. Garcia non ha voluto rischiare. Perché avere in campo De Rossi è sinonimo di garanzia. Ovvero, subire poco. Pochissimo. E quasi certamente non prender gol. La splendida prestazione della coppia difensiva Yanga-Mbiwa-Astori è dovuta sì alle qualità indiscutibili dei due giocatori in questione, ma anche all’apporto sapiente e puntuale di un centrocampista difensivo tra i più forti al mondo.



    La Roma ha tanti interni di straordinaria qualità. Un reparto fantastico. Sarà un meraviglioso problema per Rudi dover scegliere tra i vari Nainggolan, Pjanic, Keita, Strootman. Ma se abbiamo imparato a conoscere bene i gusti e le esigenze tattiche del tecnico francese, chi difficilmente resterà fuori è De Rossi. E non certo per un fattore “ambientale”. Parlano i dati, di questo e dello scorso anno. Partiamo dall’attualità. Daniele ha fin qui all’attivo 351′ in stagione: con lui in campo la Roma non ha mai subìto gol. Nei 459′ senza il numero 16, le reti incassate sono state sei. La metà di queste irregolari, contro la Juventus, ma è evidente come la Roma, in assenza di un pilastro centrale dalle caratteristiche prettamente difensive, soffra di più. Conceda maggiori spazi ed opportunità ai propri avversari.



    Prendiamo in esame i dati dello scorso anno: nei 3084′ con De Rossi in campo, la Roma ha subito 24 gol. Uno ogni 129′. Senza De Rossi, sei reti subite in 696′. Una ogni 116′. Il dato complessivo, unendo gli elementi relativi alle due stagioni, dice un gol incassato ogni 143′ con Daniele, uno ogni 96′ senza. Togliendo le tre reti dello Stadium, la media è di un gol ogni 128′. La differenza resta evidente, e Garcia lo sa. Martedì c’è il Bayern. Per De Rossi, assente contro il CSKA per squalifica e all’Etihad Stadium per infortunio, sarà il ritorno in Champions League a 1322 giorni di distanza dalla triste serata di Donetsk. Fondamentale, per la Roma, sarà in primis non prenderle. E con Daniele a protezione della difesa, ci sentiremo tutti un po’ più tranquilli. Seppur dinanzi ai fenomeni spaziali di Pep Guardiola.



    Stagione 2013-2014
    Con De Rossi in campo: 24 gol subiti in 3084′ (uno ogni 129′)
    Senza De Rossi in campo: 6 gol subiti in 696′ (uno ogni 116′)



    Stagione 2014-2015
    Con De Rossi in campo: 0 gol subiti in 351′
    Senza De Rossi in campo: 6 gol subiti in 459′ (uno ogni 77′)



    Dato complessivo
    Con De Rossi in campo: 24 gol subiti in 3435′ (uno ogni 143′)
    Senza De Rossi in campo: 12 gol subiti in 1155′ (uno ogni 96′)
     
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    di L.Valdiserri 20 ottobre 2014 | 08.36 |

    Passano le stagioni (è la tredicesima in maglia giallorossa, 342 presenze in serie A e 34 gol) e cambiano gli avversari, ma Daniele De Rossi è sempre il centro di gravità permanente del gioco della Roma. La qualità di Totti è inarrivabile, la qualità del palleggio di Pjanic risaputa, la media minuti/gol di Destro è la migliore della serie A, le scelte di Garcia sono (quasi) sempre quelle giuste. Lo vedono tutti. Quello che spesso sfugge – ma non certo agli allenatori, fatta eccezione per Zeman – è che De Rossi ha il pregio di migliorare tutti i compagni di squadra, con particolare evidenza se parliamo di difensori centrali. Con lui sembrano tutti fenomeni: da Castan a Benatia, da Astori a Mapou, da Manolas a Romagnoli.

    L’unica stagione in cui De Rossi non è riuscito ad aiutare davvero i suoi centrali – Kjaer, Heinze, Burdisso e Cassetti – è stata la prima della Roma «americana», quella con Luis Enrique in panchina. Eppure, al di là dei risultati, il tecnico asturiano è quello che ha potenzialmente allungato all’infinito la carriera di DDR, perchè è stato lui a trasformarlo a tempo pieno in «terzo centrale difensivo», permettendo alla squadra di giocare con due laterali di spinta. Un ruolo perfetto per De Rossi, che per sapienza tattica è già un allenatore in campo.


    Le cifre della sua stagione dicono che, con lui in campo, la sua squadra cala la saracinesca davanti alla sua porta: Roma-Fiorentina 2-0; Italia-Olanda 2-0; Norvegia-Italia 0-2; Empoli-Roma 0-1; Roma-Cagliari 2-0; Roma-Chievo 3-0.
    Le cifre della gara contro il Chievo, però, mostrano un centrocampista a tutto tondo e non soltanto un formidabile difensore aggiunto: più palloni giocati: 123 (secondo Maicon: 105), più passaggi effettuati: 116 (Maicon 84), miglior percentuale di riuscita: 95,7% (Maicon 90,5%). In più, anche se non rientra nelle statistiche, il calcio di rigore guadagnato.
    Oggi, nella conferenza stampa che precede Roma-Bayern Monaco, insieme a Garcia ci sarà proprio De Rossi, che ritrova la competizione più importante dopo lunga assenza. La sua ultima presenza data 8 marzo 2011, ottavo di finale Shakthar Donetsk-Roma 3-0, quando colpì Srna con una gomitata sfuggita all’arbitro ma non alla prova tv, che gli è costata una lunga squalifica.

    Seydou Keita lo ha sostituito alla grande contro Cska Mosca e Manchester City, ma adesso tocca di nuovo a lui. Lewandowki, Robben, Mueller e Ribery sono il banco di prova più difficile: un’impresa da DDR.
     
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    Nell'edizione odierna de La Gazzetta dello sport viene evidenziato come il rendimento di Daniele De Rossi con la maglia della Roma sia calato nel tempo, soprattutto in fase realizzativa. Questi i suoi numeri fino al 2012: 47 reti totali, ben 11 solo nella stagione 2005/2006. Il digiuno da gol sarebbe iniziato col ritorno di Zeman. De Rossi, infatti, non ha mai nascosto uno scarso feeling con il boemo. Un solo gol in 71 partite ufficiali. Diversa la questione in Nazionale. Lì De Rossi è il marcatore più prolifico a disposizione di Conte: 6 gol in 21 partite dopo il 2012. Il motivo sarebbe un posizionamento diverso in campo rispetto a quando gioca con la Roma. Intanto, Capitan futuro ha cambiato domicilio spostandosi da Ostia a Campo de' fiori.
     
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    di T.Riccardi 29 ottobre 2014 | 11.24 |

    Piacenza, 25 gennaio 2003, stadio Garilli, campo neutro di Como-Roma: prima giornata del girone di ritorno della Serie A 2002-2003. La Roma affronta il Como di Fascetti che schiera Brunner, Stellini, Tarantino, Juarez, Tomas, Binotto, Cauet, Corrent, Music, Caccia, Carbone. Non una squadra irresistibile, che però vince con i gol di Music e Carbone. Per la squadra giallorossa è notte fonda. Una partita da dimenticare in fretta in una stagione anonima che vedrà gli uomini di Capello finire all’ottavo posto in classifica.

    Quella data, però, fa la storia romanista perché in campo si vede per la prima volta in campionato un ragazzo dell’83 – non ancora ventenne – che di nome fa Daniele, di cognome De Rossi e sulle spalle porta il numero 27. Il biondo di Ostia aveva già esordito in prima squadra, in Champions League, l’anno prima contro l’Anderlecht. Ma nel massimo torneo non aveva ancora visto il terreno di gioco. La prestazione è buona, nonostante il risultato. Il Corriere della Sera gli dà 6 in pagella con un giudizio lusinghiero: “Il ragazzino si presenta col magnifico blitz che innesca la brutta conclusione di Delvecchio, prosegue con sostanza e qualità, in mezzo a tanti grandi che sbandano. Il suo esordio in A avrebbe meritato altra fortuna”. Da allora sono passati 11 anni o 4295 giorni o 342 partite. Ma non solo, il numero di maglia è diventato il 16 che richiama la data di nascita della figlia Gaia. Perché, nel frattempo, quel ragazzo è diventato uomo, papà e simbolo assoluto della Roma. Se dovesse scendere in campo con il Cesena sarebbero 344 presenze in campionato e agguanterebbe al terzo posto delle presenze romaniste di sempre Sergio Santarini. Davanti a lui avrebbe soltanto Giacomo Losi a 386 e Totti – probabilmente irraggiungibile – al momento fermo a 567.

    De Rossi, però, è il romanista con più partite con la nazionale italiana e la prossima volta che vestirà la maglia azzurra festeggerà l’apparizione numero 100. E pensare che a inizio carriera sarebbe dovuto andare al ChievoVerona in un ipotetico affare per portare Nicola Legrottaglie nella Capitale.
    Ma alla fine tutto sfumò e lui non cambiò mai più società: “Sono contento di essere rimasto – disse in un’intervista del 2003 – Quando vai in prestito è difficile che ti facciano giocare, non è più come ai tempi di Conti o Di Bartolomei. Io preferisco essere rimasto a Roma, far parte del gruppo. Rimanere qui è il massimo. La fascia di capitano? Solo quando Totti deciderà di lasciare il calcio. E chissà se io sarò ancora all’altezza. Insomma, è un sogno, ci terrei, ma mi rendo conto che è quasi impossibile”. Nel corso del tempo ha vinto 1 Mondiale (2006) con la Nazionale, 2 coppe Italia e 1 Supercoppa Italiana sfiorando in un paio di occasioni lo scudetto, ma il suo legame con questi colori non è mai venuto meno. “Il mio amore per la Roma nasce prima di aver cominciato a giocare in questa squadra – dichiarò nel 2008 – Lontano da qui non mi ci vedo: non sarei altrettanto felice di giocare con un’altra maglia. Non mi importa se la Roma compri o non compri campioni, io gioco per la Roma non per il club. Non sapete cosa significhi la Roma, è un orgoglio”. Una volta andò oltre dicendo di “avere un unico rimpianto, quello di poter donare alla Roma una sola carriera”. Rischiò solo una volta di andare via, quando il suo contratto aveva scadenza 2012 e in molti si fecero sotto per prenderlo, ma alla fine l’amore prevalse: “Quello che mi ha spinto a firmare il contratto è la passione per questa squadra e questa gente. Mi sono reso conto che quello di cui ho bisogno sta qui. Ho bisogno della Roma per giocare in un certo modo”. E ancora, in tempi recenti, ha aggiunto: “Non è stata l’ambizione o la voglia di vincere la Champions che mi ha fatto rimanere, ma i 30 anni di vita di tifo per questa maglia”. Perché Daniele oltre che ad essere uno dei migliori centrocampisti d’Europa è un tifoso che si appresta ad entrare per sempre nel podio dei romanisti più presenti in campo. De Rossi e Totti oggi fanno insieme 910 presenze in Serie A. De Rossi e Totti ce li ha la Roma. Gli altri no.

    (AS ROMA MATCH PROGRAM)
     
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    di M. Calabresi 1 novembre 2014 | 09.27 |

    Rewind, 12 febbraio. Ritorno della semifinale di Coppa Italia, stadio San Paolo. Camminando verso la scaletta che porta agli spogliatoi, Daniele De Rossi rivendica l’orgoglio di indossare la sua maglia. La curva B canta «Romano bastardo», lui risponde baciandola, e giù altri fischi e insulti, testimoniati da diversi video rintracciabili su YouTube. Può sembrare una provocazione, ma se De Rossi fosse napoletano e giocasse nel Napoli, di quella curva sarebbe un idolo: come lo sarebbe di tutte le tifoserie, già per il solo fatto di aver legato il suo nome a quello della sua squadra, per sempre. Non sarà Napoli-Roma a cambiare l’abitudine di fischiare le squadre avversarie: chi gioca in trasferta ci è abituato, figuratevi un campione del mondo che oggi giocherà la sua 345a partita in Serie A, staccando Sergio Santarini e diventando il giocatore che nella storia della Roma ha all’attivo più gare di campionato, dietro Francesco Totti e Giacomino Losi.

    Necessario Nella città di Saviano, De Rossi non ha mai segnato: l’unico gol al Napoli risale a sette anni e 12 giorni fa, 20 ottobre 2007. Roma-Napoli 4-4, Daniele 24enne, capelli corti, faccia da ragazzino, niente barba, tatuaggi ridotti al minimo. Già, Saviano, Gomorra, una delle tante letture di De Rossi, che un libro sull’aereo quando si va in trasferta ce lo ha sempre dietro. «Lui ha aperto un mondo e lo ha fatto a suo rischio e pericolo, ora vive nella paura — disse in un’intervista —. Io non so se ne sarei stato capace, non sono così coraggioso da riuscire a mettere in discussione tutta la mia vita». In campo, si è rimesso in discussione tante volte, giocando pure in ruoli non suoi (vicino alla porta avversaria o «a 60 metri, dove segnare non è il primo dei compiti»): come quello di difensore centrale, che De Rossi ricoprì anche il 12 dicembre 2011, contro la Juventus, nel giorno del suo ultimo gol all’Olimpico prima di quello di mercoledì al Cesena. Avrebbe dovuto giocare in difesa anche sei giorni dopo, a Napoli, ma quella sera Luis Enrique scelse Juan accanto a Heinze, riportando De Rossi a centrocampo. E la Roma vinse 3-1, giocando una delle migliori partite con l’asturiano. Firmerebbero tutti per quel risultato oggi, ma Garcia firmerebbe per farlo con Manolas in campo, oltre che De Rossi: il greco si è allenato, con i compagni disponibili non avrebbe giocato, invece Astori e Castan non ci saranno, mentre lui stringerà i denti, con la possibilità — qualora sorgessero complicazioni — che De Rossi sia costretto ad arretrare e fare il centrale.

    Caccia alle cifre tonde Così fosse, ma considerando anche le sole due reti nelle ultime 38 partite di Serie A, per De Rossi diminuirebbero le chance di segnare il 50° gol con la maglia della Roma. Gliene manca uno solo, così come gli manca una sola partita per fare 100 in Nazionale. Lì, dove il suo rendimento è stato alto e costante anche quando con la Roma le cose andavano male. Poi è arrivato Garcia e il suo rapporto con Roma (e la Roma) è tornato a essere quello dei tempi del suo unico gol al Napoli. E poi è arrivata Olivia, la sua seconda figlia, nata il 14 febbraio scorso. È presto per mettere la bimba sull’altalena, quell’altalena citata mercoledì sera: «Sarà così per tutta la stagione, con la Juventus ce la giocheremo sino alla fine». E per restare nel punto più alto, dell’altalena, servirà tanto di quell’orgoglio mostrato baciando la maglia della Roma quella sera, dopo il riscaldamento.
     
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    Cento volte De Rossi. Grinta, testa, feeling col gol: Daniele supereroe dell’Italia


    di M. Cecchini
    Attenti, a Coverciano si aggira una specie di supereroe. È un «centenario» longevo (quasi) come Zoff, ringhioso come Chiellini, geometra come Pirlo e prolifico come Toni e Vialli. L’azzurro 2.0 del Terzo Millennio si chiama Daniele De Rossi, che non a caso – a 10 anni dall’esordio in Nazionale – domenica a Milano con la Croazia giocherà la sua centesima partita nell’Italia.

    Club esclusivo Il centrocampista della Roma è pronto ad entrare in un club esclusivo che racconta la storia del calcio italiano più recente. Al momento, infatti, solo 5 giocatori precedono De Rossi come numero di presenze: Buffon (145), Cannavaro (136), Paolo Maldini (126), Pirlo (113) e Zoff (112). Con queste premesse, a 31 anni, De Rossi può pensare di salire sul podio dei senatori azzurri, ma con un «plus» rispetto a coloro che lo precedono: la capacità di fare gol. Al momento, grazie alla 16 reti realizzate, il giallorosso è il cannoniere della Nazionale di Conte, tant’è che ha già agganciato attaccanti di prima fascia come Vialli e Toni.
    D’altronde, il feeling con la porta Daniele lo aveva dimostrato già all’esordio in Nazionale, visto che all’esordio – il 4 settembre 2004 a Palermo contro la Norvegia – Daniele andò subito in gol. Con tali premesse, a questo punto è ipotizzabile persino l’aggancio a Bettega e Gilardino (19) o addirittura a Paolo Rossi (20). D’altronde, se si eccettua Adolfo Baloncieri – che nel diversissimo calcio d’anteguerra (tra il 1920 e il 1930) aveva realizzato 25 gol in Nazionale – De Rossi è il centrocampista che ha fatto più reti nella storia azzurra. Domenica ci proverà anche contro la Croazia, visto che l’assenza di Pirlo (oltre ai problemi di Verratti) ancora una volta gli riconsegnano le chiavi del centrocampo.

    Caccia scudetto Ma nella celebrazione del talento più pagato della nostra Serie A (6,5 milioni, bonus compresi) c’è un neo. Tra i «centenari» azzurri De Rossi sarà l’unico a non avere mai provato la gioia di uno scudetto (quello di Cannavaro è stato revocato, ma ha vinto una Liga con il Real). Rimasto per adesso il solo giallorosso in una Nazionale che annovera al momento 5 juventini, il primo obiettivo stagionale è chiaro: il titolo. Che per Daniele potrebbe avere un significato speciale visto che – per sua stessa ammissione – il rapporto con una parte del suo pubblico è cambiato. «Una fetta della tifoseria mi sopporta – ha detto –. Prima ero il figlioccio di tutti, poi qualcosa si è rotto, per mille motivi». De Rossi però non fa drammi. Senza contare che in coda c’è una postilla: se arrivasse anche lo scudetto, siamo convinti che la luna di miele con Roma ricomincerebbe subito. E più intensa di prima.
     
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    di Redazione 14 novembre 2014 | 14.30 |

    Dopo le parole del professor Castellacci, sono arrivate anche quelle del centrocampista giallorosso Daniele De Rossi, nella conferenza stampa a Coverciano in vista della partita di qualificazione ad Euro 2016, contro la Croazia.

    Ecco le sue parole:

    Cento presenze in Nazionale: “E’ incredibile, inimmaginabile. Traguardo che porterò nel cuore anche dopo la fine della carriera. Vorrei essere superato da qualche bravo giovane”.

    Su Balotelli: “E’ difficile da credere che Conte si faccia indirizzare per convocarlo. Quelle battute suu di lui dpo i Mondiali? L’allenatore alla prima conferenza ha detto che riparrte dagli uomini e non ha fatto riferimento a nessuno. Quel discorso era legato a come poter ripartire. Si riparte dagli uomini, in Nazionale e con la Roma. Uomini che vogliono risollevarsi. Con Mario c’è un ottimo rapporto”.

    Sui problemi in difesa: “Considerando le regole sugli stranieri credo che la Roma attinga alle risorse degli italiani. Penso a Astori, De Sanctis, Romagnoli mi supererà con le presenze in Nazionale. Diventerà un campione assoluto”.



    Sulla situazione di Roma, Tor Sapienza e i giovani: “Ho cercato di informarmi ieri sera. E’ la situazione che ci si aspettava, a Tor Sapienza. L’Italia vive un momento duro e la verità è che non c’è soluzione immediata, mancano fondi e enti che aiutino sia gli extracomunitari che i romani. Spero che si torvi una soluzione che rassereni gli animi. Tocca anche al sindaco Marino”.



    Su se stesso in Nazionale. “Non mi preoccupa che ci si aggrappi a me. Sono pronto a fare vari ruoli, a ciò che servirà, con la massima disponibilità”.



    Su Conte che lo voleva alla Juve: “Mi hanno inorgoglito, è un tecnico che ho sempre stimato. Se mi voleva alla Juve è piacevole se lo dice il diretto interessato. Scelta di restare alla Roma non mi lascia rimpianti. Era uno scenario impossibile che si verificasse ma è stato un orgoglio. Con la Roma dopo la Juve siamo ripartiti con amarezza ma ce la siamo giocati alla pari”



    Sul passato e i Mondiali: “Il tempo allontana i brutti ricordi e si riparte. Se faremo gran gara domenica troveremo più fiducia. C’è bisogno di tornare a vincere”.



    Ancora sugli stranieri: “Si potrebbe eliminare gli stranieri ma non è fattibile. Siamo tutti liberi di girare per il mondo, chiudere una nazione di calcio come l’Italia. Bisogna lavorare sul vivaio e sui settori giovanili. ci vuole un porgetto lungo per riportare qualità. Comunque ieri con l’Under18 abbiamo visto che tre-quattro giocatori sono forti”.



    Ancora su Balo: “Non è detto che non possiamo diventare amici. E’ un bravo ragazzo, buono. Non mette zizzania nello spogliatoio. Esuberante, a volte vive il suo lavoro in modo particolare. Mario è fondamentalmente buono. Io difensore? sono pronto, magari mi sii allunga anche la carriera”.



    Sulla Roma: “Ci sentivamo alla pari della Juve anche l’anno passato. Ci sentiamo al loro livello. I passi falsi capitano a chiunque. A Napoli abbiamo perso male, con la Juve non meritavamo di perdere. Con il Bayern abbiamo giocato con un avversario più forte di noi”



    Ancora sulle cento in nazionale: “Ho segnato tanto e mi fa piacere. Spero che Zaza Immobile Pellè e tutti gli altri mi superino in fretta, è il loro lavoro. Sono più vecchio di loro e ho segnato di più, anche per le mie maggiori presenze”.



    Gara più importante con l’Italia? “La finale di Berlino la più indimenticabile, il punto più alto della mia carriera. Pirlo è il giocatore che può cambiare le sorti della squadra ma possiamo far bene anche senza di lui. Mi aspetto di vincere l’Europeo, l’allenatore pensa solo a questo”



    Su esonero di Mazzarri e l’arrivo di Mancini all’Inter. “Mi dispiace per Mazzarri, allenatore molto bravo. Sono contento per mancini, lo stimo molto. Gli esoneri a Roma per fortuna non ci riguardano più”



    La dedica per le cento presenze: “Per il mio amico Emanuele Mancini, che gioca in D, calciatore meraviglioso con cui sono cresciuto nel settore giovanile della Roma. E’ la persona migliore che conosco e anche un calciatore bravo, con i piedi di Pirlo, ma sfortunato. Ora gioca in serie D, nella Lupa Castelli Romani. Se avesse avuto meno infortuni magari sarebbe stato qui, al posto mio. Il primo pensiero va a lui”.
     
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    Onore a Daniele, però purtroppo oltre le sue immense qualità difensive e tattiche gli è rimasto ben poco dal top DDR. Ormai, con gambe così appesantite, in questa Roma a centrocampo spreca solo un posto
     
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