[CONTEST LETTERARIO] Mammax vs Oplomacus

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    Benvenuti su questo nuovo topic, nato dalle menti malate di due storici utenti, Mammax ed Oplomacus, pronti a sfidarsi a suon di racconti di ogni tipo per dimostrare chi merita lo scettro di miglior letterario dell'ASRoma forum.

    Di cosa si tratta? Non è altro che un contest nel quale i due sopracitati scriveranno (in forma "anonima" per permettere la maggiore trasparenza possibile) storie appartenenti a differenti generi che verranno via via votate da tutti gli altri per stabilire di volta in volta il vincitore.

    GENERI:
    - Giallo/Thriller/Noir
    - Drammatico
    - Azione/Bellico
    - Storico
    - Fantastico (tutto ciò che non è reale)

    REGOLE:
    - Times New Roman 12 per il testo
    - Times New Roman 20 per il titolo (massimo una riga)
    - Interlinea singolo
    - Testo giustificato
    - Lunghezza tra 1.5 e 2 pagine di Word


    Che lo scontro abbia inizio :asd: Muhammax Ali Oplomacus


    Vincitore Genere Storico: "Oltre il Sole". (Chiusura sondaggio 26/11/2019)

    Vincitore Genere Drammatico: "Una Vita in Una Scelta". (Chiusura sondaggio 27/12/2019)

    Vincitore Genere Fantastico: "Rovine". (Chiusura sondaggio 3/4/2020)

    Vincitore Genere Giallo/Noir: "Erano passate da poco le due". (Chiusura sondaggio 3/8/2020)

    Vincitore Genere Azione/Bellico: "La goccia". (Chiusura sondaggio 8/1/2021)

    Chiusura Contest: 8/1/2021. Vincitore: Oplomacus con un punteggio di 5-0

    Edited by Giulio™ - 9/1/2021, 19:56
     
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    peccato, se era previsto anche il porno partecipavo :fonseca1: :giancarlo: :keyboard:
     
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    All'inizio è nato come scherzo, ma poi ci siamo scritti in privato e abbiamo deciso di fare questa cazzata.
    Diciamo che è un esperimento. Se il topic dovesse avere successo, perché non fare una indire edizione, stavolta aperta a tutti?
    Detto ciò, non siate timidi e votate numerosi.
    Giulio, dicci te da quale genere iniziare :D
     
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    CITAZIONE (Oplomacus @ 11/10/2019, 00:20) 
    All'inizio è nato come scherzo, ma poi ci siamo scritti in privato e abbiamo deciso di fare questa cazzata.
    Diciamo che è un esperimento. Se il topic dovesse avere successo, perché non fare una indire edizione, stavolta aperta a tutti?
    Detto ciò, non siate timidi e votate numerosi.
    Giulio, dicci te da quale genere iniziare :D

    Si parte dallo... Storico!
     
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    CITAZIONE (Giulio™ @ 11/10/2019, 00:52) 
    CITAZIONE (Oplomacus @ 11/10/2019, 00:20) 
    All'inizio è nato come scherzo, ma poi ci siamo scritti in privato e abbiamo deciso di fare questa cazzata.
    Diciamo che è un esperimento. Se il topic dovesse avere successo, perché non fare una indire edizione, stavolta aperta a tutti?
    Detto ciò, non siate timidi e votate numerosi.
    Giulio, dicci te da quale genere iniziare :D

    Si parte dallo... Storico!

    Su questo ve rompevo il culo, per usare un’espressione in voga alla corte del Re Sole
     
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    Ma che state a di oh? Non ne so niente io :ph34r:
     
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    Arrivano, eh....non disperate :asd:
     
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    L'avevo detto che non ne sapevo niente! Scherzi a parte, mea culpa, sono molto lento e molto incasinato... ma ce la faremo :asd:
     
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    Ok, avevo evitato di dirlo di proposito, ma, a questo punto...

    Io ho consegnato una settimana fa, manca solo Mammax :ph34r:
     
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    Spero di concludere qualcosa in questo fine settimana. L'inferno è meno caotico di questo mio ottobre.
     
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    Mammax che demo da fa?
     
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    Fase di revisione, non temete. Avevo avuto un gran bel blocco.
     
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    Arrivati i due racconti. Buona lettura (e votazione nel sondaggio in alto nel topic)


    RACCONTO N°1

    OLTRE IL SOLE




    Costantinopoli, anno Domini 1061

    Riflettendo sulle emozioni che stava provando in quel momento, Giuliano sorrise e, interrotto
    brevemente il suo incedere, si rese conto con amarezza che, talvolta, i disegni del Signore non sono
    solo imperscrutabili, ma anche ironici e, forse, perfino beffardi. “Kyrie eleison” mormorò tra sé, riprendendo a camminare, tallonato con discrezione da Decenzio, il
    suo servitore. Per dieci anni, in qualità di ufficiale dell’esercito imperiale, aveva prestato servizio in
    Italia, combattendo contro i normanni e affrontando in prima linea la loro spaventosa cavalleria
    pesante, senza mai battere ciglio e obbedendo agli ordini non sempre brillanti dei suoi superiori.
    Adesso, invece, al pensiero di dover parlare con Zoe, sentiva le gambe fiacche, molli, e un nodo alla
    gola gli rendeva intollerabile la sola idea di parlare. Per un attimo, si domandò se, nell’insieme delle
    molte verità sull’animo umano che uno dei suoi autori preferiti aveva portato alla luce, tra una
    tragedia e l’altra, la più grande non fosse quella in base alla quale la donna sarebbe il peggiore dei
    mali.
    Dopo un tempo indefinito, uscito dall’affollato dedalo di vicoli in cui il suo corpo, quasi a voler
    imitare la mente, sembrava essersi perso, si ritrovò all’ingresso del porto più grande del mondo,
    quindi si diresse, costeggiando il mare, verso ovest, in direzione del foro di Arcadio. Il panorama
    sembrava strappato da un affresco; imbarcazioni a remi e a vela solcavano un’acqua piatta come
    una tavola, sulla quale risplendevano i raggi accecanti con cui il Sole, superato da poco lo zenit,
    riscaldava la capitale di quello che, dalla caduta di Roma, era rimasto l’unico Impero Romano.
    Centinaia di operai, schierati sui moli, afferravano al volo le cime che venivano gettate loro dai
    marinai, imprecando e bestemmiando nelle loro lingue d’origine, mentre i servitori dei mercanti di
    pesce si accalcavano nel tentativo di aggiudicarsi il pescato migliore, arrivando a spingere, a
    sgomitare e, nei casi più estremi, perfino a fare a pugni. Pur essendo cresciuto in un latifondo della
    Bitinia interna, lontano un giorno di cavalcata dal porto più vicino, Giuliano apprezzava
    quell’umanità rude e, al tempo stesso, autentica e sanguigna, assai lontana, tanto nella forma quanto
    nella sostanza, dall’untuosità della Corte Imperiale, tra le cui spire era costretto, in quanto capitano
    della Schola Palatina, a vivere quotidianamente.
    “Un solido per mangiare, kyrie! Un solido e Dio te ne sarà grato” implorò un anziano mendicante,
    afferrando il braccio destro di Giuliano, il quale, senza pensarci due volte, lo respinse con fermezza,
    salvo poi fare cenno a Decenzio di allungargli una moneta. In fin dei conti, era pur sempre un
    Lascaris di Nicomedia. Rammentare il suo retaggio gli procurò un’altra fitta allo stomaco. Zoe,
    figlia del popolo, glielo rinfacciava di continuo e non sempre in tono ironico, ma, inconsciamente,
    Giuliano la adorava anche per quello. Cercando di dimostrarle ogni giorno di essere, per lei, solo
    Giuliano e non il figlio di Niceforo Lascaris, il giovane si sforzava di convincere di ciò innanzitutto
    sé stesso e, nel tentativo, era diventato indiscutibilmente una persona migliore. Imboccando,
    finalmente, l’ultimo molo del porto, si disse che, a voler essere onesto fino in fondo, se, in lui, era
    rimasto così poco del reduce stanco e apatico che, un anno prima, aveva fatto ritorno dall’Italia, era
    solo merito di Zoe.
    Lei era lì, dove sapeva di trovarla, davanti all’ingresso della bottega del padre, una delle più grandi
    della città. Libanio, così si chiamava quel grassone rozzo e manesco, aveva iniziato come tuttofare
    di un mercante che importava tessuti dall’Oriente e, a furia di risparmiare, era riuscito a mettere su
    un’attività indipendente, riuscendo, nel corso degli anni, ad affermarsi come il più importante
    grossista di garum della città. Alle sue dipendenze, rinchiusi nel retrobottega, si diceva che
    lavorassero più di trenta garzoni e che venissero trattati come schiavi, ma lo stesso Giuliano si era
    ritrovato costretto ad ammettere che quella salsa, realizzata alla maniera degli antichi, fosse la più buona della capitale, al punto che, come qualcuno gli aveva confidato, perfino la Corte Imperiale,
    per i suoi sfarzosi banchetti, ne acquistava in gran quantità. Zoe, l’unica figlia, era incaricata di
    curare direttamente, ogni mattina, l’acquisto della merce. I pescatori, ben lungi dall’attenderla alle
    rispettive banchine, si recavano presso di lei personalmente, in ossequio a Libanio, temuto,
    nell’ambiente del commercio portuale, quanto e più degli esattori imperiali. Anche in quel
    momento, la ragazza stava confabulando animatamente con tre individui scalzi e cotti dal sole, i
    quali recavano con loro enormi cesti di vimini, pieni fino all’orlo. Fu solo dopo che costoro si
    furono allontanati, contando con evidente soddisfazione una pila di monete, mentre i servitori di
    Libanio trasportavano la merce nei meandri della bottega, che Giuliano, non prima di aver ordinato
    a Decenzio di attenderlo a debita distanza, si palesò a Zoe. Fortunatamente, il molo, in quel
    momento, era semideserto.
    Quando lo vide, la giovane sorrise e gli si avvicinò subito, ma senza scomporsi. Nei contesti in cui
    si frequentavano di solito, lontani dagli occhi del padre, gli sarebbe saltata al collo, appassionata
    come una baccante.
    “Giuliano, che sorpresa! Cosa ci fai da queste parti? È la prima volta che ti avvicini così tanto a mio
    padre, ti sei finalmente deciso a chiedergli la mia mano?”.
    Giuliano la guardò e sentì che le forze gli venivano meno. Nella sua stola color oro, ornata da
    un’unica pietra preziosa, la ragazza era bellissima.
    “Al massimo, potrei cedere alla tentazione di sfidarlo”.
    Zoe rise, mordendosi il labbro. Sapeva bene che l’ufficiale detestava Libanio, anche e soprattutto
    alla luce dei suoi racconti, e che gli avrebbe volentieri piantato nel collo la propria spada a una
    mano e mezza. Era un vero peccato che, per un aristocratico, fosse estremamente sconveniente
    sfoderare l’acciaio contro un sordido popolano come il mercante di garum. Giuliano proseguì:
    “No, mi trovo qui per un altro motivo, purtroppo. È molto importante e desideravo parlartene
    subito, senza attendere la sera”.
    Di colpo, Zoe si fece seria.
    “Cos’è successo?”.
    Il giovane inspirò profondamente e, dopo una breve esitazione, decise di non tergiversare.
    “Mi è stata assegnata una nuova missione. Lunedì prossimo, se il vento lo permetterà, salperò per
    l’Italia”.
    La ragazza, anche se impietrita, mantenne il proprio contegno.
    “Perché? Ti mandano di nuovo a combattere?”.
    “No, grazie a Dio. L’Imperatore in persona mi ha incaricato di scortare, insieme ai miei uomini, il
    vescovo di Tessalonica a Magonza, nel Sacro Romano Impero, dove è previsto che incontri un suo
    omologo di quelle parti. Da lì, proseguirò per Aquisgrana, perché mi è stato ordinato anche di
    consegnare un dono al Re dei… Ti prego, non fare così”.
    Rigato da un’unica lacrima, il volto di Zoe si era tramutato in una maschera di collera.
    “Non fare così?! Mi stai dicendo che non ti rivedrò più, cosa pretendi che faccia?”.
    “Tornerò, te lo prometto. Non vado in guerra, è solo una missione diplomatica”.
    “Credi che non sappia come va il mondo, solo perché sono una donna, perché non mi chiamo
    Lascaris o perché non ho letto tutti i tuoi bei libri? La Germania è dall’altra parte del mondo e mio
    padre dice sempre che degli occidentali non ci si può fidare”.
    “Tuo padre ne dice tante…”.
    Zoe ignorò la battuta e continuò:
    “Per dieci anni, ti hanno tenuto in prima linea per dieci anni! Non è giusto, Giuliano! Quando ti ho
    conosciuto, Dio solo sa come facessi a reggerti in piedi”.
    La sua voce iniziò a incrinarsi.
    “In nome del Signore, sei un Lascaris! Tuo padre possiede più terra di tutti gli abitanti di questa
    città messi insieme, possibile che non possa fare qualcosa? Possibile che…”.
    “Zoe…”.
    “E non venirmi a parlare di lealtà all’Imperatore. Quella vecchia cariatide…”.
    Giuliano, stavolta, non osò contraddirla. Erano ben pochi, tra i ranghi dell’esercito e perfino della
    Schola Palatina, a non parlare male di Costantino X di casa Ducas, delle assurde politiche che stava
    attuando e dei suoi discussi familiari, su tutti Andronico, il nipote, un giovane dall’aria sgradevole.
    Quando, ormai, la ragazza, abbandonato ogni freno, aveva iniziato a piangere, Giuliano le prese il
    volto tra le mani.
    “Zoe, io devo andare laggiù, a ovest, oltre il Sole, perché questa è la volontà di Nostro Signore, ma
    ti giuro che tornerò e che, qualunque cosa possa dire la mia famiglia, in spregio a ogni minaccia di
    tuo padre, io ti sposerò. Lo giuro davanti a Dio”.
    Zoe lo fissò negli occhi e, per un lunghissimo istante, tacque, inducendo il giovane ad aggiungere:
    “Proprio il tuo silenzio dimostra che sei d’accordo”.
    Pur non potendo riconoscere i versi che il suo uomo aveva declamato, la donna si riscosse e,
    asciugatasi gli occhi con il dorso della mano, disse, riuscendo perfino a sorridere:
    “Ti aspetterò, Giuliano. Qualunque cosa accada, io sarò qui. Non provare a non tornare o a
    nasconderti, al tuo rientro”.
    Giuliano ricambiò il sorriso, le strinse le mani e, citando un autore le cui opere avevano più volte
    letto insieme, sdraiati l’uno accanto all’altra, disse:
    “Come potrei nascondermi da ciò che non tramonta mai?”.






    RACCONTO N°2

    CARO DIARIO



    La Pharmandroid è una struttura sociosanitaria all’avanguardia. Sono sicura che presto mio padre
    potrà tornare a sostenere una vita regolare e mantenerla ancora a lungo, nonostante abbia
    sessantacinque anni suonati. Il lavoro che svolgo qui è estenuante e non esistono turni
    programmabili, d’altronde la posizione che ricopro è di rilievo. Ho studiato e faticato molto per
    arrivare a questo punto ma devo anche riconoscere parte dei meriti a Robert. Averlo conosciuto è
    stata una fortuna da molte prospettive, è innegabile. Il lavoro, la convivenza e altre contingenze mi
    hanno tenuta distante da mio padre e non vedo l’ora che si riprenda per potergli chiedere scusa
    come si deve. Mi sento decisamente in colpa nei suoi confronti. In più, la morte di mamma è stata
    per entrambi un duro colpo, nonostante fossero divorziati. Comunque ho sempre provato affetto per
    lui e ogni volta che ho del tempo vado nella sua stanza a fargli compagnia come meglio posso. Oggi
    ho finito tardi, come spesso accade. Percorro in fretta il corridoio che mi porta alla sua stanza,
    immersa in queste tecnologie che mi sembrano ancora surreali, anche se siamo nel 2045. Non credo
    ci siano umani a quest’ora nell’edificio, pazienti esclusi, il che lo rende particolarmente asettico e a
    tratti inquietante. L’androide di supporto di mio padre è lì al suo posto ed è ormai da qualche tempo
    che non mi chiede più l’identificazione. Piccoli lussi che possiamo permetterci solo io e Robert.
    Anche se c’è da stare attenti, sono pur sempre macchine. Ciò che è accaduto alla mia famiglia
    dovrebbe servire da monito. Entro nella stanza e osservo mio padre nel cilindro di vetro attraverso il
    gel trasparente che lo sostenta. Ho portato il suo diario di guerra, ce l’ho sempre con me da quando
    mi ha detto che gli piaceva sfogliarlo prima di quel gesto insano che l’ha ridotto in questo stato e
    del conseguente ricovero. Mi sembra tutto così futuristico ma è reale: tramite la maschera che
    indossa possiamo comunicare. Mi avvicino all’interfono e dopo i soliti saluti iniziali, ancora
    abbastanza freddi ad essere sincera, inizio a leggere con voce sostenuta quelli che so essere i suoi
    passi preferiti.
    “È da inizio anno che l’ISAF ci sta rimpiazzando qui nell’Afghanistan meridionale. Il nostro
    impiego è divenuto sempre più sporadico fino all’inizio dell’estate, quando è partita l’Operazione
    Zahara. Domani mattina i canadesi avvieranno l’Operazione Medusa e, oltre a loro, combatteremo
    di nuovo al fianco di britannici, olandesi, danesi e afghani. Panjwaii è il distretto più importante
    della provincia di Kandahar ed è fondamentale liberarlo dai più di mille talebani che ci si pareranno
    contro. Noi siamo quasi il doppio, oltre che decisamente meglio armanti e organizzati, quindi non
    dovrebbero esserci problemi. Però loro conoscono meglio l’ambiente e sapranno certamente
    sfruttarlo, ma se rimaniamo concentrati gli facciamo il culo. D’altronde, lo stesso accadde a giugno,
    almeno fino alla morte del Caporale Keller. Direi che è ora di mettere fine a questa storiaccia,
    evitando caduti. Anche la NATO è d’accordo: mai prima d’ora aveva organizzato un battaglione di
    terra così massiccio. La zona è ormai semideserta da tre mesi, dato che dopo la prima evacuazione
    non è stata ripopolata, per cui è uno scenario di battaglia adeguato a limitare le perdite civili.
    Secondo il briefing dovremmo concludere l’operazione in circa due settimane, un tempo breve
    considerando che abbiamo a disposizione numerosi Humvee e siamo armati di M16, mentre loro
    utilizzano vecchi Lee-Enfield e pick-up non corazzati. Dopodiché, finalmente, potrò riabbracciare la
    mia famiglia. La piccola Jenny nei prossimi giorni ha il balletto di fine estate. È uno strazio non
    poterci essere ma sono sicuro che Catherine se la caverà anche senza di me. Ora basta, non voglio
    pensarci. Me ne vado a dormire che è tardi. Mi aspetta una lunga giornata.”
    Osservo il volto sereno di mio padre. Non proferisce parola ma sembra quasi sorridere, con gli
    occhi socchiusi fissi nel vuoto. Sono certa che stia provando una piacevole nostalgia ripensando a
    quando era giovane, sposato e perfettamente in salute. Quella guerra gli ha cambiato la vita per
    sempre e purtroppo non in positivo. Appena si riprenderà gli dirò che la sua assenza al balletto mi
    ha dato una carica inaudita e che è stato sicuramente il suo pensiero ad aver contribuito alla vittoria
    del premio di reginetta di quel magico pomeriggio. Non so invece quando sarà disposto a parlare di
    mamma, dovrò valutarlo molto accuratamente. Ci scambiamo uno sguardo, capisco che ha metabolizzato il racconto ed è pronto per il prossimo. Intesa di sangue tra padre e figlia costituita da
    taciti accordi. Proseguo.
    “Credo proprio che abbiamo vinto. Sempre se di vittoria si può parlare in guerra. Devo ammettere
    che è stata molto importante la fiducia riposta in noi dalla popolazione afghana, che abbiamo sentito
    vicina e collaborativa, a parte per i soliti screzi con i pakistani. George Junior sarà contento che in
    dodici giorni sono state liberate quasi del tutto le provincie di Panjwaii e Zhari. Abbiamo
    neutralizzato circa seicento talebani e non penso che si riorganizzeranno di nuovo in tempi brevi. La
    fanteria canadese ha svolto un lavoro encomiabile. Peccato per le nostre perdite, anche se contenute,
    e per l’incidente del Nimrod britannico. Fottuta guerra. L’area sarà liberata del tutto probabilmente
    in inverno. A tal proposito ho già sentito parlare di Operazione Falcon Summit, che dovrebbe essere
    l’ultimo tassello prima di passare nella provincia di Helmand. Non finiremo mai. Anzi, in realtà per
    adesso noi ci ritiriamo, non essendo previsto l’impiego delle forze statunitensi per i prossimi
    incarichi bellici. Con o senza di noi, nuova luce verrà.”
    Distolgo lo sguardo dal diario. Rimaniamo in silenzio in questo fugace momento di pausa. Sfoglio
    qualche pagina. Alcune sono strappate, altre così rovinate da risultare illeggibili. Ci godiamo ancora
    qualche istante di pace, con rumori bianchi e ovattati in sottofondo, poi vado avanti nella lettura.
    “I pochi talebani rimasti hanno intrapreso azioni di gruppo e solitarie per ostacolare i nostri lavori di
    ricostruzione. Durante la fabbricazione dell’imponente sopraelevata Summit, abbiamo subito
    imboscate da parte di folli kamikaze che hanno ferito e ucciso non solo i nostri soldati e ingegneri,
    ma anche chi era solo di passaggio e non c’entrava niente. Io sono uno di quelli che va sempre in
    ricognizione e la cosa mi preoccupa. Se mi colpissero? Come se non bastassero i pazzi che si fanno
    esplodere e le bombe che piovono dal cielo tramite i mortai, ci si sono messi pure i contadini locali.
    Hanno ragione, l’edificazione dei piloni ha rovinato i sistemi di irrigazione della zona e ora
    dobbiamo ripararli. Non ci aspettavamo né imprevisti simili, né il massiccio utilizzo di esplosivi da
    parte dei nemici. Quando si viene colti di sorpresa è un problema. Aumentano rischi e danni,
    cambiano regole e procedure. Ciò ha irrimediabilmente allungato i tempi ma ci riassesteremo e ce la
    caveremo.”
    Alzo un momento la testa e penso all’interrogativo posto da mio padre in queste righe, che
    purtroppo solo pochi giorni dopo ha ricevuto risposta affermativa. Mi sento improvvisamente
    osservata. Mi sta ammonendo, mi sta dicendo di non pensarci. Sospiro. Anzi, sbuffo. Come a
    scrollarmi di dosso quell’attenzione non richiesta. Continuo, sfruttando l’ultimo barlume del
    tramonto.
    “Amnesty International sta conducendo uno studio in continuo aggiornamento sui civili uccisi, fatto
    che inevitabilmente ci mette pressione, anche se la NATO ha già pubblicato le scuse ufficiali.
    Abbiamo fatto di tutto per evitare perdite innocenti ma trincee e buchi di ragno non bastano, nel
    momento in cui i nemici utilizzano le case dei cittadini come copertura. Questi conglomerati urbani
    sono un ammasso di abitazioni una dopo l’altra e una sopra l’altra. Un dedalo in cui è difficile
    districarsi per noi ma non per loro. Ripenserò a lungo alle mura devastate, alle persone che non
    sapevano dove scappare e sono diventate vittime del fuoco incrociato, al futuro di questi luoghi
    maledetti. Nell’Operazione Falcon Summit andrà diversamente: ci sarà meno potenza di fuoco e le
    truppe alleate saranno ridotte in numero e dimensione. L’ISAF ha già annunciato che si andranno a
    contrastare principalmente le insurrezioni nei villaggi adiacenti, che sono praticamente ancora a
    gestione tribale, ripulendoli dalla minaccia terrorista e mantenendoli per il tempo necessario. In
    ogni caso, un mese in inferno sarebbe stato meno impegnativo di questo settembre.”
    Mi fermo. Il tratto in cui parla della ferita sicuramente non vuole ascoltarlo. Il dolore è ancora vivo
    e probabilmente non se ne andrà mai. Rifletto sugli strascichi che porta con sé ogni guerra. Il rischio
    di contrarre malattie mentali, per tutti gli orrori a cui si assiste o dei quali si è protagonisti, è
    elevato. Il PTSD è un mostro che ti entra dentro e non ti lascia finché campi. Mentre sono immersa nei miei pensieri mi accorgo di non vedere quasi più nulla. C’è il buio intorno a me, interrotto qua e
    là dai led robotici e dei macchinari. In un’epoca simile è sempre strano dedicarsi a qualcosa di più
    tradizionale, come toccare con mano dei fogli di carta, annusarne l’odore, osservarne l’inchiostro
    che li impregna, da sola o mentre tutti dormono. Come adesso. Meglio che vada.
    Domani torno pa’.
     
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    Grazie per avermi invitato eh :asd:

    Comunque, ho letto entrambi i racconti ed il mio voto va a -rullo di tamburi- Caro diaro

    Sia chiaro, sono piacevoli e ben fatti entrambi i racconti, preferisco il secondo prevalentemente per gusto personale. Innanzitutto adoro le ambientazioni futuristiche e la spruzzata nel secondo racconto mi è stata molto piacevole, in secondo luogo ho apprezzato il concetto del racconto, la visione di un povero comune soldato che è in guerra per dovere e non per volontà.

    Del primo, molto carino il dialogo finale(anche se su Zoe credo di avere il copyright :sisi: ), pesano l'ambientazione storica ed il fatto che, secondo me, è un po' troppo lenta la prima parte.

    Detto questo, bravi tutti e 2 ! :tunz:

    Ps: Dedalo parola filo rosso del contest :asd:
     
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    fugio

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    Che dire , sono entrambi scritti bene ma non mi convincono per un semplice motivo.

    Un racconto breve, almeno secondo me , deve dilungarsi di meno in particolari ,
    che seppure apprezzabili in un racconto più lungo, in uno corto distolgono solo l'attenzione.

    Faccio riferimento ad alcuni maestri del genere ,
    per dirne due Allan poe e Bukowsky per chiarire meglio il concetto.

    Cioè un racconto anche se breve deve avere una sua trama compiuta
    seppur condensata e sopratutto molta più azione quale che sia l'argomento.

    In entrambi i racconti invece arrivi alla fine non pensando che sia finito
    ma bensì rimani in attesa della prossima puntata. :fonseca1:

    Scrivere un racconto breve è probabilmente molto più difficile che scriverne uno lungo.

    Ciò non toglie che la vostra voglia e il vostro impegno è più che apprezzabile.
    Ce ne fossero di giovani con questa voglia di scrivere in questo
    mondo ormai pieno di trogloditi.
     
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139 replies since 10/10/2019, 14:52   2659 views
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